martedì 13 ottobre 2009

12 Ottobre 1492


Un nuovo 12 Ottobre


E’ passato il tempo in cui il 12 ottobre [ricorrenza del 12 ottobre 1492 NdT] era festeggiato come il “Giorno della Razza”, e in cui gli indios erano obbligati, con cinismo, a festeggiare omaggiando Cristoforo Colombo. Il genocida veniva ricordato come un eroe, un padre fondatore della nazionalità.

La prima generazione dei leader indios (Constantino Lima, Salvador Palomino…) che ebbero la possibilità di condividere il loro pensiero nell’ambito di una sollevazione continentale, denunciò il colonialismo degli stati latinoamericani; i programmi di acculturazione e assimilazione dell’indigenismo allora furono definiti un vero etnocidio, una forma più sottile di genocidio.

La resistenza al colonialismo fu identificata come il paradigma delle lotte indigene, l’indianità affrontò con coraggio e chiarezza di pensiero il compito della decolonizzazione, e si prese in considerazione la necessità della presa del potere.

Nel decennio degli anni 70’ i popoli si diedero al compito febbrile dell’organizzazione, costruendo le storiche organizzazioni indigene nazionali del continente. Il popolo organizzato divenne protagonista di ribellioni e blocchi stradali per sensibilizzare i gruppi di potere (i bianchi) sull’esistenza di popoli e culture diverse dalla creola ispanica. L’organizzazione ha contribuito alla crescita della coscienza, che a sua volta ha richiesto la costruzione della memoria storica: Chi siamo? Dove andiamo? Inizi degli anni 90’, vigilia dei 500 anni di resistenza, si forma il paradigma indio della ricostruzione. L’invasione, il colonialismo, si sono espressi mediane la distruzione dell’unità politico territoriale. Il Tawantinsuyu fu squartato come il corpo di Tupa Amaru Inka, e il destino del Qullasuyu non fu diverso. Francisco del Toledo, il viceré colonizzatore, lasciò in piedi solo la marka/llaxta trasformandolo in un paese di confine. Dopo l’indipendenza, i creoli presero d’assalto l’area per impossessarsi delle terre delle comunità e per sottomettere definitivamente gli indios. La decolonizzazione non poteva avere altra strada che quella della ricostruzione, come nel mito di Inkarri (re Inka) la testa si unisce al corpo per creare pachakuti, la società indigena ristabilisce le sue istituzioni sociali: lo ayllu come cellula che ricostruisce il tessuto sociale.


Gli Indios contro Colombo.


Dal Columbus Day al giorno della resistenza indigena, contro un genocidio dimenticato.


Mentre le istituzioni statunitensi festeggiano ufficialmente l’anniversario dello sbarco di Cristoforo Colombo nei Caraibi come l’inizio della storia americana e della gloria a stelle e strisce, migliaia di persone in tutto il continente vivono il 12 ottobre come un momento di riflessione e protesta. Appellandosi al concetto che l’arrivo degli europei in America ha segnato la morte di milioni di indigeni e la fine della libertà, tutte le organizzazioni indios si mobilitano per manifestare pubblicamente il proprio dissenso e chiedere il rispetto dei propri diritti. “In questo giorno, comunemente utilizzato per celebrare il genocidio coloniale sotto il nome di Giorno della Scoperta – spiegano i responsabili del movimento Pachamama, che ha organizzato marce di protesta nelle capitali sudamericane - appoggeremo i movimenti autonomi della Rivoluzione Bolivariana del Venezuela (in riferimento alle lotte di emancipazione guidate da Simón Bolivár contro l’impero spagnolo nel XIX secolo), le ribellioni emergenti della Pachamérica e solidarizzeremo con tutti i popoli che lottano nel mondo. “Dal profondo delle nostre radici indigene, nere, bianche e meticce, sorge una forma particolare di lotta, che si può riassumere in pochi concetti: Pacha è la parola quechua per Terra, mentre America è il nome coloniale che imposero i conquistatori al nostro continente. Con la Pachamerica, quindi, rivendichiamo la nostra visione indigena della Pachamama, la Madre Terra, ed in questo senso vediamo la nostra lotta fraternizzare con tutti i popoli del mondo che lottano contro il capitalismo, il colonialismo, il razzismo, il sessismo e tutte le forme di repressione. Chiamiamo Pachamérica il continente compreso tra l’Alaska e la Patagonia, che consideriamo abitato da un popolo unito, che trascenda la visione di un’America Latina separata da un Nordamerica, dato che sono concetti imposti da una visione coloniale che ignora la nostra storia indigena. In questo modo crediamo che al di là dell’essere latinoamericani o nordamericani siamo pachamericani, perché il nostro continente è multiculturale, variegato e infinito…ma unito”. La visione “Pachamericana” cerca di staccarsi da una parte da quella sorta di sciovinismo latinoamericano che si crede isolato dal resto del mondo e dall’altra dall’atteggiamento paternalistico che molte volte porta il mondo industrializzato a esprimere la necessità di solidarizzare con i “poveri indios”. “Nella nostra visione – spiegano – cerchiamo di includere tanto i popoli degli Stati Uniti e del Canada, con le loro lotte indigene, nere, femministe, operaie, gay, che i popoli che abitano a sud del Río Bravo e arrivano fino alla Terra del Fuoco. E’ altrettanto importante aggiungere che, sebbene Pachamérica si riferisca al nostro continente, è una visione che non si limita ai nostri confini geografici, ma è sorella di tutti i popoli che lottano su questa Terra, sulla Pachamama”. Quindi l’appello alla mobilitazione. “Facciamo appello a tutti i movimenti sociali che lottano contro il neoliberismo e le istituzioni del capitalismo globale (WTO, FMI, G8, ecc.), così come ai popoli che lottano nel mondo per la dignità, l’autonomia e l’umanità, affinché escano per le strade il prossimo 12 di Ottobre in appoggio alle lotte di tutta la Pachamérica e in particolare del Venezuela”. “Senza dubbio – concludono - in questo paese si sta arrivando ad un punto cruciale del processo rivoluzionario bolivariano, delineatosi con il referendum dello scorso 15 di agosto. Una situazione che riguarda i movimenti popolari che appoggiano il presidente eletto Hugo Chávez contro le politiche di intervento degli Stati Uniti nella regione (Plan Colombia, ALCA, ecc.), ma che pure cercano di sottrarsi al controllo delle élites burocratiche e corrotte che si sono infiltrate in questo processo politico con l’intento di convertirsi in una nuova classe dominante. Rallentare il processo di cambiamento è l’intento di queste elites, fregandosene dei risultati del referendum e continuando la svendita del paese alle corporazioni transnazionali. In questo senso, la vittoria in Venezuela non la si può guardare da un punto di vista semplicemente elettorale; questa vittoria si definirà nelle strade e con la lotta quotidiana delle comunità organizzate. La Rivoluzione Bolivariana, a ben vedere, non è la rivoluzione di un leader, ma di un popolo che, unendo le proprie forze a quelle degli altri popoli che lottano nel mondo, rifiuta di continuare ad essere schiavo. E’ nostro dovere, quindi, difenderne il processo di radicalizzazione”.

giovedì 8 ottobre 2009

Toño ti ricordiamo così

Posted by Picasa
IL SOLE SPLENDA CALDO E MITE PER TE,
NELLA NOTTE PIU' NERA BRILLI QUALCHE STELLA.
LA MATTINA PIU' TETRA TI OFFRA UN PO' DI LUCE.
E QUANDO SCENDERA LA SERA, DIO TI TENDA LA MANO.