lunedì 20 luglio 2009

PERÙ: UN GOVERNO PER MASSACRARE GLI INDIGENI


Ha giurato il nuovo governo peruviano; è una svolta a destra dura e pura che prepara la strage del movimento indigeno che lotta per difendere l’Amazzonia e la repressione di tutti i movimenti sociali popolari e sindacali del paese: “sarà un governo che cercherà lo scontro per poter reprimere” ha dichiarato Mario Huamán, segretario generale della CGTP (Confederación General de Trabajadores de Perú), il principale sindacato del paese. Il 10 giugno scorso il parlamento peruviano non riuscendo, anche al prezzo di decine di morti, a imporre le leggi che, in osservanza al trattato di libero commercio Stati Uniti-Perù, consegnano l’Amazzonia peruviana allo sfruttamento da parte delle multinazionali minerarie, petrolifere, dell’acqua e del legname, aveva deciso una sospensione tattica di 90 giorni. Adesso con il giuramento del nuovo governo presieduto dal duro (e corrotto) Javier Velásquez Quesquén, già presidente del parlamento e fidatissimo del presidente Alan García nonché braccio destro in tutti i momenti più neri degli ultimi due governi dell’APRA (il partito di García, originariamente di centro-sinistra) viene lanciato un vero e proprio ultimatum che criminalizza la protesta sociale tanto nella selva dell’Amazzonia come nelle strade di Lima. Da adesso in poi verrà imposto l’ordine e chiunque protesta, sta male, non è d’accordo, si oppone all’ordine neoliberale, verrà criminalizzato e accusato di essere parte di un fantomatico “complotto chavista” come denuncia “La Repubblica” di Lima in un editoriale di Javier Diez Canseco. Le parole di García nella cerimonia di giuramento del suo terzo governo in tre anni sono state chiare nell’individuare un nemico esterno e interne da agitare e da colpire: “Vedo gravi pericoli che questo governo come gli anteriori deve affrontare, perché il conflitto ideologico sudamericano è oggi maggiore, più attivo e invasivo. L’agitazione cresce perturbando la tranquillità e la sicurezza del nostro paese”.Così a poco più di un mese da quella che sembrava una vittoria parziale e interlocutoria da parte del movimento indigeno peruviano con i sondaggi tutti contro (una costante dei governi fondomonetaristi peruviani con il popolo che però poi finisce per un motivo o per l’altro per eleggere sempre un altro “vendepatria”, essendo addirittura recidivo nel caso di Alan García) gioca il tutto per tutto. Il potere economico di fatto, forte della firma del predecessore di García, Toledo, sul TLC che è una sorta di Costituzione neoliberale del paese, pretende di incassare i dividendi e a García non resta che la trasformazione del proprio traballante governo in un regime che fa della repressione il proprio punto di forza. Non può far altro (dal suo punto di vista) se solo la multinazionale petrolifera Perenco arriva con un assegno di due miliardi di dollari di investimenti.Intanto organismi come la “defensoria del pueblo”, la APRODEH e altre ONG in difesa dei diritti umani continuano inascoltate dai grandi media a lanciare l’allarme sulla situazione dei diritti umani, civili, sindacali nel paese e alla criminalizzazione della protesta sociale nel paese.


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